La 130, ultimo sussulto di Fiat nel settore delle grandi berline di prestigio, dopo le imponenti anteguerra, le 1900 e 2300 Lusso. Spinta da un V6 prima 2.8 e poi 3.2, la 130 esce esteticamente già superata e, per di più, in piena crisi energetica. Due peccati capitali per una vettura altrimenti godibilissima, silenziosa, sorprendentemente spaziosa e incredibilmente fluida, specialmente col cambio automatico Borg-Warner di primo equipaggiamento, o il manuale a 5 marce optional. Prestazioni a parte, niente da invidiare alle coeve BMW e Mercedes di pari categoria, anzi, la 130 è in grado di impensierire persino Jaguar: anche sulla Fiat, infatti, non mancano interni rivestiti con velluto o pelle pregiati e dotati di servosterzo e condizionatore. All'estetica classica e persino un po' barocca della berlina fa da contraltare la versione Coupé disegnata da Pinifarina: completamente diversa, è un capolavoro di linee tese. Da essa derivano anche le belle one-off Opera quattro porte e Maremma, una shooting brake realizzata espressamente per l'avvocato Agnelli, che ordina anche quattro prototipi di 130 familiare. I consumi proibitivi del V6 e l'immagine del marchio sempre più distante dal settore “premium” e focalizzata su modelli popolari stroncano la carriera della 130. Molti esemplari vestono il “blu” delle auto di stato, anche in versione blindata; la carriera istituzionale rende la 130 una storica ulteriormente affascinante e prestigiosa, ciò nonostante in vendita si trova a prezzo abbordabile. Rara, raffinata e impegnativa, è un pezzo da collezione di assoluto rispetto, testimonianza di un'epoca a tratti cupa ma irripetibile.
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